venerdì 31 luglio 2015

In traghetto dalla Russia alla Corea del Sud

Viaggio in nave di 22 ore per una distanza di 730 km.

Il traghetto diretto, che faceva la spola tra Vladivostok e il Giappone, è stato soppresso, ora ne parte uno ogni mercoledì che fa scalo in Corea del Sud. E' l’unico modo per lasciare la Russia senza volare, visto che i paesi confinanti, Corea del Nord e Cina, sono alquanto complicati dal punto di vista del transito.

Poiché il traghetto parte proprio il giorno di scadenza del visto abbiamo cercato di prenotare online il biglietto ancora prima di partire da casa. Non ci siamo riusciti, sembra che la tecnologia coreana non si combini con la nostra. Così abbiamo scritto direttamente una mail alla compagnia dei traghetti che senza problemi ci ha mandato la prenotazione del viaggio, dicendoci che potevamo pagarlo tranquillamente il giorno della partenza. Quando arriviamo all’ufficio del porto scopriamo che non è un “passaggio ponte”, come pensavamo, ma un bel lettino morbido dove riposare durante le 20 ore di traversata.

Prima di salire a bordo passiamo il temuto controllo russo dei passaporti. Quando guarda il passaporto la donna al di là del vetro dice un sacco di parole in russo a Ruggero, forse si lamenta per la differenza del suo aspetto attuale con la foto del passaporto… chissà… comunque alla fine mette il timbro e passiamo. Temevamo soprattutto per il discorso della registrazione del visto, una procedura poco chiara che doveva essere fatta più o meno in ogni città dove abbiamo dormito, ma che solo due alberghi ci hanno fatto. Qualcuno dice che basti una sola registrazione per tutto il viaggio. Comunque non ci hanno chiesto nulla di tutto questo all'uscita.

Una volta saliti in traghetto nella nostra camerata ci troviamo in sei, con noi ci sono: una ragazza giapponese che sta tornando a casa dalla Russia, un signore coreano, presidente di una testata giornalistica importante che ha visitato la Russia per lavoro, un ragazzo olandese che sta facendo il giro del mondo in moto e un altro ragazzo polacco che è arrivato fin qui solo in autostop, senza mai prendere un treno o un autobus. Mentre la nave prende il largo, passando davanti a isole molto belle, chiacchieriamo un bel po’ tra di noi, scambiandoci le esperienze di viaggio. Tutti concordiamo sul fatto che in Russia siamo stati bene.

Quello di viaggiare in autostop deve essere una passione per i polacchi, perché nello stesso traghetto ne troviamo altri due (un ragazzo e una ragazza) arrivati anche loro fin qui dalla Polonia in autostop. Hanno dormito soprattutto in tenda, spesso nei pressi dei distributori di benzina, gli unici posti con presenza umana lungo le isolate strade siberiane. Volevano risparmiare perché sono ancora studenti universitari, in tre settimane hanno speso solo 300 euro a testa!

I turisti occidentali nel traghetto sono pochi, si possono contare sulle dita di una mano, la maggior parte sono vivaci coreani, che dopo essere andati avanti e indietro dalla sauna della nave, si sono scatenati per tutta la serata con il karaoke. Intanto la nave va. Tutto intorno il nulla, solo foschia. Alle 11.30 della mattina successiva, dopo quasi 24 ore, arriviamo al brutto porto di Donghae, in Corea del Sud.

Qui nessuno parla inglese e il bancomat non funziona. Cambiamo qualche dollaro in Won, la moneta locale, e andiamo verso il centro per trovare uno sportello che accetti le nostre carte. Entriamo in una banca ma non riusciamo a farci capire, allora un'impiegata chiama al telefono una persona che parla inglese, la quale ci dice che se vogliamo prelevare con le nostre carte dobbiamo trovare un bancomat con la parola CIRRUS. riportata esternamente. Loro non ne hanno, forse più avanti. Facciamo una passeggiata e finalmente riusciamo a prelevare. Ricarichiamo i nostri zaini sulle spalle e andiamo finalmente alla stazione dei bus di Donghae dove prendiamo al volo quello per Seoul. Dopo tre ore di bus e una in metrò, arriviamo in albergo che son già le sette di sera.

La nostra nave che sbuffa 
Un saluto al porto di Vladivostok
Si parte!
Anche le maschere vanno bene pur di attirare l'attenzione durante le istruzioni di salvataggio
Baia d'Oro: la nebbia nasconde il ponte di Vladivostok  
Il faro all'uscita del porto, raggiungibile a piedi solo con la bassa marea
I nostri compagni di camerata: una giapponese, un coreano, un olandese e un polacco
L'enorme sauna della nave
Le prime miglia
Una foto della mappa con percorso e km percorsi dalla nave

giovedì 30 luglio 2015

I costi della transiberiana

La nostra transiberiana è durata tre settimane, un giorno in meno di quello che ci permetteva il visto. Per la sola permanenza in Russia abbiamo speso circa 800 euro a testa (meno di 40 euro al giorno), tutto compreso, così suddivisi:
- 280 euro per i sette biglietti della transiberiana da San Pietroburgo a Vladivostok,
- 170 euro per 11 notti in hotel/ostello (una media di 30 euro a notte in due),
- 350 euro per visite ai musei, per i pasti e per tutto il resto.
La Russia è economica, 280 euro per quasi 10.000 km di treno in vagone letto è veramente poco. Per fare un paragone: è come se un nostro viaggio notturno in vagone letto da Trieste a Roma costasse solo 15 euro.

Aggiungendo i voli aerei (andata fino a San Pietroburgo e ritorno da Vladivostok), un viaggio di tre settimane in transiberiana di questo tipo verrebbe a costare 1.300 euro circa… una delle più note agenzie di viaggio, a cui ci siamo ispirati per il programma, lo propone a 7.000 euro per 15 giorni! Anche considerando le sistemazioni sicuramente migliori, la differenza è comunque significativa. 

In treno abbiamo quasi sempre viaggiato in terza classe su vagoni letto aperti (che consigliamo, se non si vuole fare tutto il viaggio reclusi negli scompartimenti di seconda classe), se avessimo viaggiato in seconda classe avremmo speso più o meno il doppio sul prezzo del treno.

I biglietti degli autobus per muoversi nelle varie città costano circa 30 cent di euro, intorno ai 40 cent le metropolitane. Le città con diverse linee di metropolitana sono San Pietroburgo e Mosca, mentre Kazan e Yekaterinburg hanno una sola linea. Oltre queste città, verso est, non ci sono più città con metropolitane e, per fortuna, neanche più Mc Donald’s e Pizza Hut.

I biglietti del treno conviene acquistarli online con molto anticipo dal sito delle ferrovie russe, che funziona molto bene:  http://eng.rzd.ru/  , cliccare su “Passengers” e poi su “Buy tickets online”. Talvolta il sito vuole un nome delle stazioni diverso da quello che conosciamo noi, per esempio Khabarosk, nel sito deve essere scritto Habarosk. Le prenotazioni vengono aperte 45 giorni prima della partenza del treno e in alcune lunghe tratte si esauriscono velocemente.

Il visto per la Russia si ottiene facilmente per una permanenza fino a 22 giorni (fanno tutto loro con una spesa di 100 euro), mentre diventa più complicato per permanenze fino a 30 giorni, che comunque è il massimo che si può ottenere con il visto turistico.

Il discorso sui biglietti della transiberiana meriterebbe un approfondimento. Per chi volesse capirne di più consiglio questo piacevole racconto di Ruggiero Mascolo, che descrive bene questo aspetto del viaggio:


Le lenzuola sono comprese nel biglietto del treno, non serve sacco a pelo, se dovesse far freddo (in estate fa anche troppo caldo) ci sono le coperte. I treni sono molto puliti, così come gli alberghi e gli ostelli. 

Durante il viaggio abbiamo trovato un clima fresco e spesso nuvoloso o piovoso fino a Yekaterinburg, passati gli Urali il tempo è definitivamente cambiato, con giornate assolate e calde.

L’inglese è parlato da molti giovani, anche nelle città più remote della siberia.

Per avere la connessione ad internet abbiamo attivato una SIM con 5G di traffico valido su tutto il territorio russo con la compagnia telefonica MTC. Il costo è stato di 5 euro ed ha funzionato benissimo (chiaramente solo nei pressi delle città, non in mezzo alla taiga).

Viaggiare in Russia è molto facile, i russi sono gentili e disponibili…a parte qualche burbero!


Vecchia locomotiva di produzione americana al km 9288 di Valdivostok 



mercoledì 29 luglio 2015

Arrivo a Vladivostok dopo 9.900 km di treno: fine della transiberiana

Arriviamo in stazione a Khabarosk con più di un’ora di anticipo. Il treno è già lì ma non si può salire, la provodnitsa, approfittando  della lunga pausa, ha buttato tutti fuori dal vagone per pulirlo a fondo con un mocio. Quando saliamo prendiamo posto nei due lettini in alto, gli unici che abbiamo trovato al momento della prenotazione. Fa tanto caldo, per fortuna il finestrino si può aprire nella parte alta, lo teniamo aperto tutta la notte. Sotto di noi una coppia di anziani, lui simpatico ma un po’ sordo, lei con pazienza gli parla all’orecchio per non urlare.

Siamo emozionati per la nostra ultima notte in treno, la quarta consecutiva. Partiamo alle 19.20 per arrivare l’indomani alle 9.28 a Vladivostok, dopo 765 km. Tutti i treni in servizio tra queste due città partono di sera, il che significa che le ultime 14 ore della transiberiana si affrontano di notte. Uno dei motivi per cui si fanno viaggiare i treni con il buio è che in alcuni punti i binari corrono molto vicino al confine cinese.

Vladivostok si trova a sud di Khabarosk. Il treno qui cambia completamente direzione: non più verso est, con fusi orari che si susseguono uno dopo l’altro, ma da nord a sud, verso il caldo. A Vyazemskaya il treno si ferma per molto tempo, non fa ancora buio completo, lungo il marciapiedi molte babuske vendono i prodotti preparati da loro: panini, frittelle, caviale, sottaceti, pesce affumicato, ecc. Il paesaggio si sussegue e cambia man mano che scendiamo verso sud, le foreste sono prevalentemente di aceri e olmi, il verde diventa più intenso.

Dopo l’alba, intorno al km 9050, si vedono alcuni scorci del lago Khanka, un lago di 4.000 kmq ricoperto di fiori di loto che appartiene per metà alla Russia e per metà alla Cina. Finalmente, dopo settimane di viaggio, al km 9249 abbiamo l’emozione di vedere l’Oceano Pacifico. Mancano ancora una quarantina di km a Vladivostok e li percorriamo tutti affacciati al finestrino per gustarci il panorama della ferrovia che corre lungo il Mare del Giappone, l’Oceano Pacifico.

Dopo migliaia e migliaia di chilometri, vale forse la pena riassumere alcune curiosità sulla transiberiana in modo da capire la grandiosità dell’opera:

Inizio ufficiale dei lavori: il 31 maggio 1891 si tenne la cerimonia, vicino a Vladivostok, alla presenza del futuro imperatore Nicola II, che simbolicamente trasportò la prima carriola di terra.

La posa delle rotaie di tutta la Gran Via Siberiana terminò il 3 novembre 1901, quando i costruttori della ferrovia cinese-orientale incontrarono quelli della Transiberiana, appunto. La velocità dei lavori aveva avuto l'impressionante media di 740 km l'anno.

La forza lavoro impiegata all'apice della costruzione arrivò a contare circa 90 mila uomini, molti dei quali condannati ai lavori forzati. In migliaia morirono per le terribili condizioni di lavoro.

La fine della costruzione tra San Pietroburgo e Vladivostok avvenne dopo l'inizio del traffico sulla Ferrovia Circolare a sud del lago Bajkal il 29 ottobre 1905. Il completamento in tutto il territorio dell'impero russo avvenne il 18 ottobre 1916 quando fu messo in funzione il lungo ponte sull'Amur vicino a Khabarovsk.

La Transiberiana è lunga 9288 Km, per cui è la ferrovia più lunga al mondo. Parte dalla stazione Yaroslavsky di Mosca e termina alla stazione di Vladivostovsk collocata ai confini orientali della Russia sul Mar di Giappone.

La Transiberiana attraversa 2 continenti, l'Europa ( 1777 Km ) e l'Asia ( 7512 Km ), appartenendo quindi per il 19,1% all'Europa e l'80,9% all'Asia. Nei pressi della città di Yekaterinburg, negli Urali, vi è un monumento che marca il confine ideale fra l'Europa e l'Asia".

Lungo il suo percorso la Transiberiana passa lungo il lago Baikal, il più profondo lago al mondo con i suoi 1637 metri e la più grande riserva d'acqua dolce del pianeta.

Il treno passa attraverso 88 grandi e medie città, di cui 5 con una popolazione superiore al milione di abitanti (Mosca, Perm, Ekaterinburg, Novosibirsk, Omsk), 9 con popolazione compresa tra 300 mila e il milione di abitanti, mentre le restanti 74 ne contano meno di 300 mila.

I fiumi attraversati dalla Transiberiana sono ben 16: Volga, Oka, Amur, Khor, Irtysh, Ob', Tom',Enisei, Selenga, Chulim, Kama, Vyatka, Tobol, Ussury, Bureya, Zeya. Il fiume più largo e' l'Amur, 2 km circa.

Il punto più alto sul livello del mare è il passo di Yablonovy con i suoi 1040 metri mentre quello più basso (solo 4 metri sul livello del mare) è fra le stazioni di Amursky Bay e Ugolnaya.

La stazione più grande è situata presso Novosibirsk ed è stata costruita nel 1930. Qui si trova anche la tratta più trafficata della transiberiana, in particolare tra Novosibirsk e Omsk.

Il ponte più lungo attraversato dalla Transiberiana (2568 metri , 18 campate da 127 metri ) fu costruito nel 1913 per oltrepassare il fiume Amur. Nel 1991 questo ponte venne demolito per costruirne uno di 2612 metri adatto a far passare contemporaneamente treni ed automobili.

Dal punto di vista geografico, la stazione posta più ad Ovest è quella di Mosca 3 (55 gradi45' N, 37 gradi34' E), mentre quella situata più ad Est è Khabarovsk 2 (48 gradi31' N, 135 gradi10' E). La stazione più a Sud è Vladivostok (43 gradi07' N, 131 gradi53' E), quella più a Nord Kirov (58 gradi36' N, 49 gradi38' E) 

Le località più fredde toccate dalla Transiberiana sono tra Mogocha e Skovorodino, dove si sono registrate temperature record di ben -62 gradi. I posti più caldi si trovano invece all'estremo est dell'area di Vladivostok.

La galleria più lunga della Transiberiana si trova sotto il fiume Amur con una lunghezza di 7 Km.

Sono centinaia le soste che effettua la Transiberiana lungo il suo lunghissimo percorso che dura una intera settimana, se fatto direttamente, e attraversa ben 7 fusi orari rispetto a Mosca (che è già un’ora in avanti rispetto all’Italia). In pratica un’ora di fuso orario ogni 24 ore di treno:

+2 Ekaterinburg
+3 Novosibirsk
+5 Irkutsk , lago Baikal
+7 Khabarovsk
+7 Vladivostok

Attualmente attraverso la strada ferrata Transiberiana giungono in Europa circa 20.000 container all'anno, di cui circa 8.300 provenienti dal Giappone. Ma il governo russo si sta adoperando per cercare di aumentare il numero di contenitori instradati via ferrovia a circa 100.000 l'anno, mettendo in servizio anche 120 treni merci al giorno. L'ostacolo più grosso al progetto è la presenza di alcune parti della linea a singolo binario che formano il cosiddetto collo di bottiglia. Dopo la completa elettrificazione della linea, ottenuta nel 2002 (con il risultato di riuscire anche a raddoppiare il peso dei treni transitanti, arrivati a 6.000 tonnellate) ora si sta lavorando appunto sul raddoppio completo della linea.

Vladivostok

Vladivostok a prima vista sembra una sorta di “San Francisco russa”, una meraviglia con le montagne dalle cime appuntite che si stagliano sopra un fitto intreccio di baie, come la Baia del Corno d’Oro, chiamata così per la sua somiglianza con il porto di Istanbul. Vista da una prospettiva più ravvicinata la città può apparire un po’ grigia, per la presenza di condomini sovietici mescolati a palazzi moderni e altri signorili con secoli di storia. La città ha avuto un grosso ammodernamento in vista dell’Asian Pacific Economic Conference – APEC – avvenuto nel 2012.

Comunque la si veda, dopo settimane in mezzo al nulla della Siberia, Vladivostok colpisce per la sua modernità, per la sua vivacità e per la sua vita notturna, consumata prevalentemente in scantinati sotterranei nascosti alla vista, come il locale “Cat”, vicinissimo alla pizzeria dell’italiano Giovanni Mauro, alla fine della via pedonale che porta al lungomare, dove la gente si scatena davanti alla musica dal vivo, bevendo litri di birra verde.

A Vladivostok le sistemazioni economiche sono tutte esaurite, ci fermiamo in un pessimo ostello, ma centralissimo, davanti al porto. Le vie della città sono tutte un saliscendi e anche a piedi si fatica, soprattutto perché lo smog delle grosse automobili giapponesi e coreane impregna l’aria. In questa città sembra esserci la corsa  a chi ha la macchina più grossa, quasi tutti hanno il suv.

A piedi saliamo fino al belvedere affacciato sulla baia, accanto alle enormi statue di Cirillo e Metodio (inventori dell’alfabeto cirillico), poi scendiamo verso il centro per salire allo Sky Bar, posto al dodicesimo piano dell’hotel Hunday, per vedere la città dall’alto.

Seguendo l’unica via pedonale (le città russe hanno sempre una sola via pedonale) ulitsa Fokina, arriviamo alla zona denominata “Arbat” con una popolare spiaggia, alquanto triste perché in mezzo al porto, e una passeggiata lungo tutto il molo, piena di chioschi e venditori improvvisati. Fa molto caldo ed è tanta la gente sulla battigia e dentro l’acqua.

Vladivostok non si fa certo notare per i suoi musei, ne ha pochi e scadenti. Una visita merita il Sottomarino S-56, diventato un museo, che si vanta di aver distrutto ben 14 sottomarini avversari durante la seconda Guerra Mondiale; all’interno si possono vedere i siluri, il periscopio e le stanze riservate al personale di bordo. Fuori, lungo il porto, stazionano quattro nuovissime navi da guerra con bandiera inglese, giunte fino a qui per una manifestazione che si è tenuta la domenica scorsa.

Un altro museo che visitiamo è il Museo Regionale Arsenev, ben curato, ma che contiene soprattutto arredamenti d’epoca e una triste serie di animali impagliati, tra cui un’enorme orso. La Galleria d’Arte Primorsky dovrebbe ospitare opere di Botticelli, Goya, Kandinsky e Chagal, ma alla biglietteria ci dicono che essendo in fase di ristrutturazione queste opere non si possono vedere. 
Finiamo la giornata prendendo l’autobus n° 15 che percorre entrambi i nuovissimi ponti sulla baia per raggiungere l’isola di Russky, un piccolo paradiso naturale con numerose spiagge. Ci mettiamo quasi un’ora per arrivare a causa del forte traffico. Facciamo una passeggiata lungo una delle tante, sporche, spiagge e torniamo in città.

Per consolarci ci facciamo una scorpacciata di dolci in una delle “pasticcerie boutique” della città, (gli unici posti dove si possono trovare dei dolci simili ai nostri, anche se costosi), come quella in ulitsa Okeansky e poi ci facciamo un cappuccino nel vicino bar “Friend’s”, proprio sotto lo Sky Bar, un posto dove è possibile fare colazione all’occidentale.

La sera, mentre passeggiamo, ci sentiamo tristi, domani lasciamo la Russia.

Il futuro dei treni in Asia, note finali

Da Londra  New York in treno
È un’idea antica, quasi quanto la transiberiana stessa, ma gli ingegneri pensano sia oggi possibile realizzare. L’idea è quella di costruire un tunnel sotto lo Stretto di Bering lungo 103 km (due volte il tunnel sotto la Manica) per collegare con una ferrovia l’Asia all’America.

Treno superveloce tra Mosca e Vladivostok. La “fine” della transiberiana?
La Russia sta continuando ad ampliare i propri servizi ad alta velocità e, secondo quanto affermato su Russia Today, si sta pensando ad un treno superveloce che colleghi Mosca a Vladivostok in 7 ore! Probabilmente il progetto non verrà portato a termine in poco tempo, ma è meglio non aspettare troppo tempo se si vuole vivere questa esperienza in modo “lento”. La prima parte del viaggio, quella fino a Yekaterinburg, ha già ora dei treni che viaggiano più velocemente degli altri. Per informazioni si può visitare la pagina Facebook “Transiberiana”.

In treno da Pechino a Singapore
Quest’idea, che risale all’epoca coloniale, potrebbe realizzarsi in un prossimo futuro. I lavori di costruzione dei binari per il tratto di 421 km tra Kunming (Cina) e Vientiane (Laos) sono iniziati nel 2011 e la linea dovrebbe essere operativa nel 2020.


Binari nella foschia mattutina
Il cartello indica che mancano solo una ventina di km alla fine della transiberiana
Primo sguardo sull' oceano Pacifico
Arrivati alla meta: 9288,2 km da Mosca, sette fusi orari
La bella stazione di Vladivostok
Per il ponte sospeso sulla Golden Bay e per le sue baie, Vladivostok viene chiamata la "San Francisco dell'estremo Oriente 
La via pedonale ulitsa Fokina, in pendenza verso il mare
La parte alta della città vista dal porto
Il Sottomarino-51, che durante la seconda guerra mondiale ha affondato 14 sottomarini avversari
I lanciasiluri all'interno del sottomarino
Navi da guerra inglesi nella baia di Vladivostok
Palazzi in ulitsa Okenasky
Cupole dorate e un tocco di blu
Un veliero tra i grattacieli
Una delle spiagge nel centro...proprio bruttina!
La birra verde di Vladivostok con cui festeggiare la fine della transiberiana 

lunedì 27 luglio 2015

Da Ulan Ude a Khabarosk...treno...treno...treno

Ultima botta di treno…dalla capitale buriata Ulan Ude alla moderna Khabarovsk, 2.883 km in 50 ore. A Ulan Ude la “pietra miliare” indica 5.640 km, a Khabarovsk 8.523 km (sempre distanze da Mosca)

Per quasi tutto il tempo il sole non si è visto: nuvolosità, tanta foschia e qualche volta pioggia. Forse è stato meglio così, il paesaggio era monotono, ancora taiga, betulle, pini, qualche villaggio ed impianti industriali, il sole non avrebbe fatto altro che aumentare ancora di più la temperatura del vagone.
Anche i russi hanno le loro assurdità: con un costo dell’energia molto basso (tra i 50 e i 60 cent di  euro al litro il costo della la benzina), ne sprecano un sacco con impianti termici arcaici, soprattutto nei palazzoni e nei musei, dove si vedono tubi volanti che portano l’acqua ai radiatori uscire dal muro senza alcun isolamento intorno, eppure stanno a lesinare sull’aria condizionata in treni stracolmi di persone e con le finestre sigillate. Mah!

Con le prese elettriche del treno lo stesso problema, ce ne sono solo due sui vagoni di terza classe da 53 posti, così c’è la corsa ad accaparrarsi la presa elettrica, visto che tutti devono ricaricare almeno una volta il cellulare o lo smartphone durante i tre, quattro, cinque giorni di treno. Ma non basta, queste prese sono tarate per un basso amperaggio, così l’interruttore del vagone salta continuamente. Il computer, per esempio, non può essere ricaricato con queste prese perché richiede troppa energia, solo quelle del vagone ristorante vanno bene, ma il loro utilizzo dipende dall’umore della responsabile: nel primo lungo treno la ricarica era a pagamento, nel secondo gratis, ma l’addetta storceva il naso, anche se ci siamo seduti a mangiare.

Tornando al viaggio, questa seconda lunga tratta è stata diversa, più autentica forse, perché siamo entrati maggiormente in contatto con le persone. Probabilmente eravamo gli unici turisti occidentali in tutto il treno e i russi erano curiosi di interagire con noi a gesti o giocando con qualche parola d’inglese.

Abbiamo parlato molto con i ragazzi di una scolaresca di Yekaterinburg che si stavano facendo cinque giorni di treno di andata e cinque di ritorno, per passare tre settimane di trekking nei dintorni di Vladivostok. Erano curiosi di sapere cosa pensiamo di loro, qual è il nostro impatto con la Russia e se quando suonavano le loro canzoni con la chitarra ci disturbavano. Giovani, curiosi e belli come tutti i ragazzi del mondo. Uno studierà legge perché figlio di una famiglia di avvocati, un’altra vuole fare l’insegnante. Poi hanno cominciato ad insegnarmi il russo a chiedere l’indirizzo mail e quello di questo blog. Un ragazzo mi traduce la domanda di una ragazza: “Ma è vero che voi considerate belle le donne russe?”. Sorrido e rispondo ovviamente di si.

Verso sera cominciamo a parlare con Raul, un ragazzo buriato sui 25 anni e Vittoria (nome italianizzato da lei stessa), una signora sulla cinquantina. Il ragazzo parla un po’ d’inglese, la donna no, così lui fa da interprete. Lui sta andando da Chita a Vladivostok a trovare la sua ragazza…questo si che è amore: tre giorni di treno solo per arrivare! Vittoria sta tornando dal lavoro che dista mille chilometri da casa sua, per questo fa due settimane di lavoro e due di riposo. La discussione si accende sul confronto dei modi di vivere tra russi ed europei: io dico che la loro vita mi sembra più tranquilla di quella degli italiani, loro replicano che guardando la televisione, e i nostri film, si sono fatti l’idea che noi non lavoriamo mai e siamo sempre in vacanza. Invidiano un po’ della nostra libertà. Cerco, senza successo, di far capire loro che la libertà ha sempre un prezzo e noi lo paghiamo con una vita frenetica e stressante.

Il treno va, forse non ne possiamo più, oppure ci stiamo abituando, chissà. Abbiamo sentimenti contrastanti. Il paesaggio è sempre quello, ma è tutta la situazione del treno ad essere mutevole, imprevedibile. C’è quello che parla nel sonno, quello che russa e quello che si prepara una brodaglia che esala profumi impossibili alle sette di mattina. Scene che si susseguono come tanti giri di giostra. Di fatto, siamo tutti a meditare mentre guardiamo fuori dal finestrino, è raro che le persone parlino tra loro, c’è sempre un grande silenzio.

Al km 6.130 la transiberiana raggiunge i 1040 metri di quota, il suo punto più elevato. Ormai siamo a + 6 ore da Mosca, + 7 dall’Italia. Dopo Chita il paesaggio si fa per un po’ interessante perché si possono vedere delle colline ondulate tutte verdi e senza alberi. Poco dopo, all’altezza di Kuenga, secondo la nostra guida, c’è il punto in cui si interrompeva la transiberiana prima del 1916. Qui i passeggeri salivano su un piroscafo e seguivano per 2000 km i fiumi Shilka e Amur fino a Khabarovsk, dove riprendevano il treno. Nel 1916 fu completato il ponte sul fiume Amur lungo 2.700 m, il più lungo di tutta la transiberiana, e il servizio dei traghetti fu sospeso.

Al km 7.079 finisce ufficialmente la Siberia e inizia l’Estremo Oriente russo, anche se nella pratica non cambia niente dal punto di vista del paesaggio…sempre taiga. Dove per taiga si intendono tutte le foreste boreali (quelle dell’emisfero nord) con una temperatura media annua compresa tra 0 e 5 °C e per parecchi mesi all’anno sotto lo zero. Questo tipo di vegetazione rappresenta quasi un terzo di tutta la massa forestale terrestre costituita prevalentemente da conifere, che precedendo le zone di tundra. La taiga è presente soprattutto in Russia, Canada, Scandinavia e Alaska.

Nell’Estremo Oriente russo, a pochi km dalla transiberiana, è in costruzione il Cosmodromo di Vostochny con una nuova piattaforma di lancio dei missili, in modo da ridurre la dipendenza della Russia dall’attuale Cosmodromo di Baikanor, in Kazakistan. Dovrebbe essere completata nel 2018. Chissà, magari in futuro, un fortunato viaggiatore, potrà assistere al lancio di qualche veicolo spaziale mentre siede tranquillamente in treno.

Due ore prima di arrivare a Khabarosk il treno si ferma nella città di Birobidzhan famosa per essere il capoluogo della Regione Autonoma Ebrea, la cosiddetta “Sion di Stalin”. Verso la fine degli anni ’20 le autorità sovietiche concepirono l’idea di creare in quest’area una zona dove confinare tutti gli ebrei russi. La maggior parte di loro giunse qui dalla Bielorussia e dall’Ucraina, ma anche dagli Stati Uniti, dall’Argentina e persino dalla Palestina. La comunità ebraica non superò mai le 32.000 unità e si ridusse molto con l’arrivo dell’antisemitismo degli anni ’30. Crebbe nuovamente fino il 1991, quando gli ebrei russi cominciarono ad emigrare in massa verso Israele. Oggi gli ebrei esistenti si attestano intorno alle 3000-4000 unità.

Arriviamo a Khabarosk con un’ora di ritardo, cosa strana per i treni russi sempre estremamente puntuali. Lasciamo i bagagli in deposito e ci avventuriamo per la città. Abbiamo una decina di ore per visitarla, questa sera si riprende il treno per Vladivostok, la nostra quarta notte consecutiva in treno e ultimo tratto di transiberiana.

Girando per Khabarosk ci facciamo subito l’idea che, se anche avessimo saltato questa città, non avremmo perso niente. Ci sono i soliti musei etnografici (tutti uguali) che non abbiamo nessuna voglia di visitare. Ci attira  il museo archeologico perché contiene delle copie delle pitture rupestri presenti nell’interessante villaggio nanai di Sikachi-Alyan, ad 80 km a nord di Khabarosk, che gli esperti fanno risalire a 12.000 anni fa. Il villaggio è troppo lontano per noi ma almeno ci facciamo un’idea con quello che vediamo nel museo.

Dopo una passeggiata sul lungofiume, per ammirare la maestosità dell’Amur, uno dei fiumi più lunghi al mondo con 2.824 km, che salgono a 4.440 km se si considera il più lungo dei suoi rami sorgentiferi (la Russia ha 6 dei 20 fiumi più lunghi al mondo), ci facciamo una pizza nell’unica, forse, pizzeria a legna della Russia. In questa pizzeria italiana, nessuno parla italiano, ma tutto è ispirato al nostro paese, comprese le canzoni sullo sfondo di Celentano, Ramazzotti, Vasco, ecc. I camerieri sono vestiti con maschere carnevalesche e rispondono alla chiamata solo dicendo “Mamma mia!”. Ogni tanto mettono in atto qualche piccola scenetta per intrattenere gli ospiti. La pizza è molto buona. La pizzeria si chiama V-Drova e si trova nella via principale Muravyova Amurskogo al n° 5, merita sicuramente una visita.

Facciamo un’ultima passeggiata per la città e poi andiamo in stazione con il bus. Ci aspetta il nostro ultimo treno, domattina alle 9.30 saremo a Vladivostok. 

Ancora treno e taiga... i treni sono sempre molto lunghi, con più di 20 vagoni
Passatempi
S'intonano canzoni
Ruggero tiene lezione anche qui
Sei dei venti fiumi più lunghi al mondo sono russi
E' raro vedere animali al pascolo lungo la transiberiana
Offerta di lardo affumicato: una delizia
Giochi durante le fermate più lunghe per sgranchirsi le gambe
Chilometro 7.493 (da Mosca), sosta a Magdagachi
La stazione di Khabarosk
L'inizio della passeggiata lungo il fiume Amur a Khabarosk
Pitture rupestri del villaggio di Sikachi-Alyan risalenti a 12.000 anni fa
Queste pitture si trovano in un villaggio nanai a 70 km da Khabarosk
Non solo alberi lungo la transiberiana
La Cattedrale dell'Assunzione di Khabarosk proprio di fronte al fiume Amur
Interni blu della cattedrale
La divertente pizzeria V-Drova a Khabarosk....tutti vestiti in maschera
I camerieri rispondono alla chiamata solo se si urla: "Mamma Mia!"

sabato 25 luglio 2015

Da Irkutsk ai templi buddhisti di Ulan Ude

Due giorni: uno di treno da una città all’altra e uno per visitare la città e i templi di Ulan Ude. Le pietre miliari segnano 5185 km a Irkutsk e 5640 km a Ulan Ude (distanze da Mosca).

Il viaggio in treno da Irkustsk a Ulan Ude è di circa otto ore. Sarebbe stato un notturno se la guida non l’avesse indicato come il tratto di strada più bello di tutta la transiberiana. Decidiamo di farlo di giorno e prendiamo il biglietto direttamente in stazione a Irkutsk, sperando di trovare dei treni con sedili, invece del più costoso treno con cuccette proposto su internet dal sito delle ferrovie russe. Niente da fare, di giorno c’è solo quel treno e non possiamo che prenderlo. Ma acquistare un biglietto senza sapere il russo è praticamente impossibile. Ci viene in aiuto una donna che chiama con il suo telefonino un’amica che parla inglese, spieghiamo al telefono cosa ci serve e la persona che ha chiamato ci trascrive in russo la richiesta da presentare alla biglietteria. La cosa funziona. Se la donna non ci avesse anticipato, avremmo comunque risolto il problema utilizzando “Google traduttore” che è un ottimo strumento in caso di emergenza.

Usciamo dalla camera alle 7.30 per prendere il treno per Ulan Ude delle 9.00. La stazione è vicina, ma abbiamo sempre paura di sbagliare qualcosa. L’albergo ci ha preparato un bel cestino con la colazione perché, come al solito, prima delle otto non è possibile farla… se la prendono comoda questi russi!. Abbiamo notato che prenotando con Booking ti trattano meglio, perché sanno che poi verrà chiesta una recensione.

Il treno costeggia il lago per un bel tratto. Si vedono rari bagnanti e qualche pescatore. La vegetazione arriva fin quasi all’acqua, lasciando due o tre metri di sassi, quasi assenti le zone con sabbia. Non ci sembra comunque uno spettacolo per cui valesse la pena fare la strada di giorno, anche tenendo conto del fatto che la vista non è ottimale perché i finestrini del treno sono leggermente oscurati, sporchi e non è possibile aprirli.

Il problema delle finestre chiuse è una seccatura per chi vuole fare delle foto mentre il treno corre: se si è fortunati si trovano due piccole botole all’inizio di ogni vagone che si possono abbassare, altrimenti ci si deve accontentare di fotografare attraverso i vetri.

Prima di arrivare ad Ulan Ude il treno si allontana dal lago e il paesaggio cambia, si diradano gli alberi e si cominciano a vedere le distese di prati verdi tipici della Mongolia il cui confine si trova solo 200 km più a sud. Si notano anche sporadiche mandrie al pascolo e piccoli greggi di pecore, mai visti prima d’ora. I villaggi si susseguono con maggiore frequenza e sono costituiti prevalentemente di basse case in legno, generalmente di uno o al massimo due piani. I tetti sono fortemente pendenti per facilitare la caduta della neve e in taluni casi sono a doppia falda, spesso hanno colori vivaci.

Ulan Ude è la capitale della Buriazia, una regione della Russia abitata prevalentemente dai buriati, la più grande minoranza etnica russa. I buriati sono di origine mongola, come dimostrano le loro caratteristiche somatiche, i loro usi e costumi, l’allevamento itinerante e l’uso della yurta per il pernottamento. Con l’annessione della Buriazia alla Russia, intorno al 1700, la popolazione ad ovest del lago Bailkal (buriati di Irkutsk) venne sottoposta ad un forte processo di “russificazione”, con l’abbandono del nomadismo e della religione, mentre quelli ad est (buriati di Ulan Ude), rimasero sotto l’influenza mongola, di religione buddhista. Nel 1741 la religione buddhista lamaista fu riconosciuta come una delle religioni ufficiali della Russia. 
Il cambiamento di cultura rispetto alle città precedenti lo notiamo anche nella pulizia: fino ad ora non si vedeva mai una carta per terra o della sporcizia ammucchiata lungo le strade, qui sì.

Ulan Ude è piacevole e si respira subito un’aria esotica. I gestori dell’albergo non parlano inglese, ma con Google traduttore capiamo che vogliono portarci prima di sera a vedere il nuovo monastero buddhista, Rinpoche Bagsha Datsan, appollaiato su un’altura che domina la città. Il monastero è scintillante con all’interno una solenne statua dorata del Buddha alta 6 metri. Intorno c’è un lungo khora (percorso di preghiera) che percorriamo assolutamente in senso orario. Non ci aspettavamo di trovare dei templi buddhisti proprio in Russia, soprattutto dopo l’epurazione di Stalin, che ne ha fatti distruggere molti. Dal tempio si ha una bella vista su tutta la città, fatta prevalentemente di case in legno, a parte i palazzoni russi nella parte centrale. Sulla destra il grande fiume Selenga porta le sue acque dalla Mongolia al lago Baikal.

Torniamo in città che il sole è già tramontato e andiamo subito a vedere la sua attrazione più famosa: la testa in bronzo di Lenin più grande al mondo. Se anche il corpo fosse stato costruito con le stesse dimensioni, la statua avrebbe potuto rivaleggiare per dimensioni con quella della Libertà. Poco lontano, davanti al teatro e ad una copia dell’arco di trionfo costruito sopra una delle strade principali, c’è una fontana con giochi d’acqua, musica e luci colorate. Intorno, intere famiglie giocano con i loro bambini.

L’indomani prendiamo un minibus che ci porta al tempio buddhista Ivolginsky datsan, 35 km fuori città, uno degli unici due templi buddhisti attivi in epoca sovietica. La strada per arrivarci è costellata di villaggi di case singole con un orticello e recintate con tavole affiancate una all’altra. Qua e là ancora mandrie al pascolo. Arrivati al tempio visitiamo le sale principali e, facendo il giro del khora, vediamo le case dei monaci e i templi secondari. La struttura principale è stata eretta in onore del 12° Khambo Lama, il cui corpo è stato riesumato nel 2002. Con sorpresa generale il corpo era ancora intatto a distanza di diversi decenni dalla morte, ora viene esposto sei volte all’anno con grande afflusso di fedeli. 

Prima di sera facciamo la solita spesa per le 52 ore di treno che ci aspettano fino a Khabarovsk. Poi, recuperati i bagagli dall’albergo (l’unico che ci ha concesso il checkout esattamente 24 ore dopo l’arrivo e non entro le 12.00 come gli altri), andiamo alla stazione in attesa del treno che arriverà alle 23.00 secondo orario di Mosca, corrispondenti alle 4.00 locali. Cinque ore di attesa non sono poche, così proviamo l’ostello ad ore della stazione: un ostello creato proprio per chi vuole riposarsi in attesa del treno. Pensando al degrado delle stazioni italiane prevediamo sia sporco e pieno di barboni, invece lo troviamo pulito e funzionale, dall’apparente aspetto di una corsia d’ospedale. Questi tipi di ostello ci sono in tutte le principali stazioni russe. Pagando un euro a testa all’ora abbiamo una camera doppia con tanto di televisione da 32 pollici e bagno in comune. Poco prima delle quattro l’addetta alla reception viene a svegliarci con fare sicuro e sorridente. Saliamo in treno, ci facciamo il letto e torniamo a dormire cullati dal dolce dondolio, e qualche forte scossone, del treno. 

Il treno verso Ulan Ude
Passaggio fragole
Mucche al pascolo intorno al lago
Case di ieri (yurte)
Case di oggi (con tetto a doppia falda)
La testa di Lenin più grande del mondo, alta 7,7 metri
Il monastero di Ivolginsky a 35 km da Ulan Ude
Ruote di preghiera intorno al tempio
Figure buddhiste nel tempio
L'imbevibile the mongolo al latte
Il  Buddha alto sei metri del Rinpoche Bagsha Datsan 
Preghiere al vento
Trova le differenze
Il nostro unico biglietto del treno comprato allo sportello
Vecchia locomotiva davanti al museo ferroviario