lunedì 27 luglio 2015

Da Ulan Ude a Khabarosk...treno...treno...treno

Ultima botta di treno…dalla capitale buriata Ulan Ude alla moderna Khabarovsk, 2.883 km in 50 ore. A Ulan Ude la “pietra miliare” indica 5.640 km, a Khabarovsk 8.523 km (sempre distanze da Mosca)

Per quasi tutto il tempo il sole non si è visto: nuvolosità, tanta foschia e qualche volta pioggia. Forse è stato meglio così, il paesaggio era monotono, ancora taiga, betulle, pini, qualche villaggio ed impianti industriali, il sole non avrebbe fatto altro che aumentare ancora di più la temperatura del vagone.
Anche i russi hanno le loro assurdità: con un costo dell’energia molto basso (tra i 50 e i 60 cent di  euro al litro il costo della la benzina), ne sprecano un sacco con impianti termici arcaici, soprattutto nei palazzoni e nei musei, dove si vedono tubi volanti che portano l’acqua ai radiatori uscire dal muro senza alcun isolamento intorno, eppure stanno a lesinare sull’aria condizionata in treni stracolmi di persone e con le finestre sigillate. Mah!

Con le prese elettriche del treno lo stesso problema, ce ne sono solo due sui vagoni di terza classe da 53 posti, così c’è la corsa ad accaparrarsi la presa elettrica, visto che tutti devono ricaricare almeno una volta il cellulare o lo smartphone durante i tre, quattro, cinque giorni di treno. Ma non basta, queste prese sono tarate per un basso amperaggio, così l’interruttore del vagone salta continuamente. Il computer, per esempio, non può essere ricaricato con queste prese perché richiede troppa energia, solo quelle del vagone ristorante vanno bene, ma il loro utilizzo dipende dall’umore della responsabile: nel primo lungo treno la ricarica era a pagamento, nel secondo gratis, ma l’addetta storceva il naso, anche se ci siamo seduti a mangiare.

Tornando al viaggio, questa seconda lunga tratta è stata diversa, più autentica forse, perché siamo entrati maggiormente in contatto con le persone. Probabilmente eravamo gli unici turisti occidentali in tutto il treno e i russi erano curiosi di interagire con noi a gesti o giocando con qualche parola d’inglese.

Abbiamo parlato molto con i ragazzi di una scolaresca di Yekaterinburg che si stavano facendo cinque giorni di treno di andata e cinque di ritorno, per passare tre settimane di trekking nei dintorni di Vladivostok. Erano curiosi di sapere cosa pensiamo di loro, qual è il nostro impatto con la Russia e se quando suonavano le loro canzoni con la chitarra ci disturbavano. Giovani, curiosi e belli come tutti i ragazzi del mondo. Uno studierà legge perché figlio di una famiglia di avvocati, un’altra vuole fare l’insegnante. Poi hanno cominciato ad insegnarmi il russo a chiedere l’indirizzo mail e quello di questo blog. Un ragazzo mi traduce la domanda di una ragazza: “Ma è vero che voi considerate belle le donne russe?”. Sorrido e rispondo ovviamente di si.

Verso sera cominciamo a parlare con Raul, un ragazzo buriato sui 25 anni e Vittoria (nome italianizzato da lei stessa), una signora sulla cinquantina. Il ragazzo parla un po’ d’inglese, la donna no, così lui fa da interprete. Lui sta andando da Chita a Vladivostok a trovare la sua ragazza…questo si che è amore: tre giorni di treno solo per arrivare! Vittoria sta tornando dal lavoro che dista mille chilometri da casa sua, per questo fa due settimane di lavoro e due di riposo. La discussione si accende sul confronto dei modi di vivere tra russi ed europei: io dico che la loro vita mi sembra più tranquilla di quella degli italiani, loro replicano che guardando la televisione, e i nostri film, si sono fatti l’idea che noi non lavoriamo mai e siamo sempre in vacanza. Invidiano un po’ della nostra libertà. Cerco, senza successo, di far capire loro che la libertà ha sempre un prezzo e noi lo paghiamo con una vita frenetica e stressante.

Il treno va, forse non ne possiamo più, oppure ci stiamo abituando, chissà. Abbiamo sentimenti contrastanti. Il paesaggio è sempre quello, ma è tutta la situazione del treno ad essere mutevole, imprevedibile. C’è quello che parla nel sonno, quello che russa e quello che si prepara una brodaglia che esala profumi impossibili alle sette di mattina. Scene che si susseguono come tanti giri di giostra. Di fatto, siamo tutti a meditare mentre guardiamo fuori dal finestrino, è raro che le persone parlino tra loro, c’è sempre un grande silenzio.

Al km 6.130 la transiberiana raggiunge i 1040 metri di quota, il suo punto più elevato. Ormai siamo a + 6 ore da Mosca, + 7 dall’Italia. Dopo Chita il paesaggio si fa per un po’ interessante perché si possono vedere delle colline ondulate tutte verdi e senza alberi. Poco dopo, all’altezza di Kuenga, secondo la nostra guida, c’è il punto in cui si interrompeva la transiberiana prima del 1916. Qui i passeggeri salivano su un piroscafo e seguivano per 2000 km i fiumi Shilka e Amur fino a Khabarovsk, dove riprendevano il treno. Nel 1916 fu completato il ponte sul fiume Amur lungo 2.700 m, il più lungo di tutta la transiberiana, e il servizio dei traghetti fu sospeso.

Al km 7.079 finisce ufficialmente la Siberia e inizia l’Estremo Oriente russo, anche se nella pratica non cambia niente dal punto di vista del paesaggio…sempre taiga. Dove per taiga si intendono tutte le foreste boreali (quelle dell’emisfero nord) con una temperatura media annua compresa tra 0 e 5 °C e per parecchi mesi all’anno sotto lo zero. Questo tipo di vegetazione rappresenta quasi un terzo di tutta la massa forestale terrestre costituita prevalentemente da conifere, che precedendo le zone di tundra. La taiga è presente soprattutto in Russia, Canada, Scandinavia e Alaska.

Nell’Estremo Oriente russo, a pochi km dalla transiberiana, è in costruzione il Cosmodromo di Vostochny con una nuova piattaforma di lancio dei missili, in modo da ridurre la dipendenza della Russia dall’attuale Cosmodromo di Baikanor, in Kazakistan. Dovrebbe essere completata nel 2018. Chissà, magari in futuro, un fortunato viaggiatore, potrà assistere al lancio di qualche veicolo spaziale mentre siede tranquillamente in treno.

Due ore prima di arrivare a Khabarosk il treno si ferma nella città di Birobidzhan famosa per essere il capoluogo della Regione Autonoma Ebrea, la cosiddetta “Sion di Stalin”. Verso la fine degli anni ’20 le autorità sovietiche concepirono l’idea di creare in quest’area una zona dove confinare tutti gli ebrei russi. La maggior parte di loro giunse qui dalla Bielorussia e dall’Ucraina, ma anche dagli Stati Uniti, dall’Argentina e persino dalla Palestina. La comunità ebraica non superò mai le 32.000 unità e si ridusse molto con l’arrivo dell’antisemitismo degli anni ’30. Crebbe nuovamente fino il 1991, quando gli ebrei russi cominciarono ad emigrare in massa verso Israele. Oggi gli ebrei esistenti si attestano intorno alle 3000-4000 unità.

Arriviamo a Khabarosk con un’ora di ritardo, cosa strana per i treni russi sempre estremamente puntuali. Lasciamo i bagagli in deposito e ci avventuriamo per la città. Abbiamo una decina di ore per visitarla, questa sera si riprende il treno per Vladivostok, la nostra quarta notte consecutiva in treno e ultimo tratto di transiberiana.

Girando per Khabarosk ci facciamo subito l’idea che, se anche avessimo saltato questa città, non avremmo perso niente. Ci sono i soliti musei etnografici (tutti uguali) che non abbiamo nessuna voglia di visitare. Ci attira  il museo archeologico perché contiene delle copie delle pitture rupestri presenti nell’interessante villaggio nanai di Sikachi-Alyan, ad 80 km a nord di Khabarosk, che gli esperti fanno risalire a 12.000 anni fa. Il villaggio è troppo lontano per noi ma almeno ci facciamo un’idea con quello che vediamo nel museo.

Dopo una passeggiata sul lungofiume, per ammirare la maestosità dell’Amur, uno dei fiumi più lunghi al mondo con 2.824 km, che salgono a 4.440 km se si considera il più lungo dei suoi rami sorgentiferi (la Russia ha 6 dei 20 fiumi più lunghi al mondo), ci facciamo una pizza nell’unica, forse, pizzeria a legna della Russia. In questa pizzeria italiana, nessuno parla italiano, ma tutto è ispirato al nostro paese, comprese le canzoni sullo sfondo di Celentano, Ramazzotti, Vasco, ecc. I camerieri sono vestiti con maschere carnevalesche e rispondono alla chiamata solo dicendo “Mamma mia!”. Ogni tanto mettono in atto qualche piccola scenetta per intrattenere gli ospiti. La pizza è molto buona. La pizzeria si chiama V-Drova e si trova nella via principale Muravyova Amurskogo al n° 5, merita sicuramente una visita.

Facciamo un’ultima passeggiata per la città e poi andiamo in stazione con il bus. Ci aspetta il nostro ultimo treno, domattina alle 9.30 saremo a Vladivostok. 

Ancora treno e taiga... i treni sono sempre molto lunghi, con più di 20 vagoni
Passatempi
S'intonano canzoni
Ruggero tiene lezione anche qui
Sei dei venti fiumi più lunghi al mondo sono russi
E' raro vedere animali al pascolo lungo la transiberiana
Offerta di lardo affumicato: una delizia
Giochi durante le fermate più lunghe per sgranchirsi le gambe
Chilometro 7.493 (da Mosca), sosta a Magdagachi
La stazione di Khabarosk
L'inizio della passeggiata lungo il fiume Amur a Khabarosk
Pitture rupestri del villaggio di Sikachi-Alyan risalenti a 12.000 anni fa
Queste pitture si trovano in un villaggio nanai a 70 km da Khabarosk
Non solo alberi lungo la transiberiana
La Cattedrale dell'Assunzione di Khabarosk proprio di fronte al fiume Amur
Interni blu della cattedrale
La divertente pizzeria V-Drova a Khabarosk....tutti vestiti in maschera
I camerieri rispondono alla chiamata solo se si urla: "Mamma Mia!"

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